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Trasformazione digitale: non quanto ma quando

Trasformazione digitale: non quanto ma quando

Trasformazione digitale: non quanto ma quando

Trasformazione digitale: non quanto ma quando

Fino a qualche tempo fa si credeva ancora che l’utilizzo delle tecnologie all’interno dei processi aziendali fosse sinonimo di innovazione e trasformazione digitale. Ma il progresso sociale e tecnologico ha subito in questo periodo storico un’accelerata senza precedenti, e ora l’asticella si è notevolmente alzata.

Trasformazione digitale oggi non riguarda più la quantità o la qualità delle tecnologie impiegate, quanto la loro capacità di impattare su 3 livelli: business model, organizzazione e persone.

Prendiamo Amazon: il successo del suo modello è da ricondurre ad un approccio organico che coinvolge tutta l’organizzazione, che combina la tecnologia avanzata a capacità logistiche al momento impareggiabili. Le aziende che gestiscono con successo business in cui relazione personale ed esperienza diretta del prodotto sono centrali, hanno puntato su modelli ibridi, orientati a garantire un’esperienza continua e coerente, fisica e online. Sono molti i brand che, pur utilizzano da tempo l’e-commerce, oggi non hanno le capacità logistiche per far fronte alla domanda cresciuta in modo esponenziale, con il rischio così di erodere il loro posizionamento. In attesa di una revisione dell’intera rete logistica che subirà una vera esplosione sia dal punto di vista della ridefinizione dei processi che dell’occupazione, gli store restano un asset su cui investire.

E’ necessario ricorrere a innovazioni che superino i vincoli dettati dall’emergenza e permettano di non interrompere il contatto con il cliente: App per regolare i turni d’ingresso, sistemi di prenotazione e fast check-out, metodi di pagamento cashless.

E’ arrivato il momento anche di un utilizzo focalizzato delle informazioni che arrivano dall’analisi dei big data: segnalare al cliente la disponibilità di un prodotto in uno store a lui vicino, significa esattamente rispondere in maniera puntuale a una delle domande più diffuse.

Il mito che considera i canali digitali come sostitutivi dei canali offline è fortunatamente tramontato da tempo. Tuttavia, la sfida che impegnava le aziende a gestire in maniera coerente i due canali subisce un’improvvisa accelerazione e un riorientamento, con il canale fisico che, rischiando di scomparire sotto i colpi del lockdown, richiede massicci investimenti.

La strada non è certo facile, ma la direzione è tracciata: i customer journey dovranno essere ridisegnati, i livelli d’automazione dei processi implicheranno una sempre maggiore sinergia tra forza lavoro fisica e virtuale, i modelli di risk management incorporeranno anche scenari inediti, come, appunto, le pandemie. E soprattutto i modelli implementativi dovranno essere necessariamente agili, con l’unico obiettivo di farsi carico delle mutate priorità dei consumatori, che restano al centro di qualsiasi strategia. Le aziende che hanno interpretato il processo di trasformazione digitale come una strategia pervasiva, a tappe definite, con responsabili e stakeholder chiari sono state in grado di reagire velocemente ai cambiamenti imposti dal Covid-19, e saranno avvantaggiate nel futuro scenario che già definiamo «new normal».

Il nuovo scenario, che ci ha imposto il concetto di discontinuità come forse mai prima, ha confermato che il digitale è la leva fondamentale e necessaria. Dobbiamo impiegare correttamente le risorse che ci propone, attraverso un approccio strategico che prenda le distanze dalla singola iniziativa poco strutturata che, come tale, conduce all’insuccesso. Un atteggiamento che gioverebbe oggi in molte situazioni.

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