PHILMARK

Philmark Group e la digitalizzazione di un orfanotrofio del Malawi

Philmark Group e la digitalizzazione di un orfanotrofio del Malawi

Philmark Group e la digitalizzazione di un orfanotrofio del Malawi

Philmark Group e la digitalizzazione di un orfanotrofio del Malawi

Viaggiare è uno degli investimenti migliori che si possano fare. Vuol dire studiare in una “università itinerante”, mettersi sempre in discussione, ampliare la propria cerchia di amicizie, “vedersi” dentro altri inaspettati contesti.

Viaggiare è soprattutto imparare, imparare ad entrare in contatto con culture e persone che non hanno i nostri stessi comfort; imparare  a donare, imparare anche a mettere in stand by la propria carriera, per dedicarsi al prossimo.

Proprio quello che è successo a Giulia Santoro, ex dipendente Philmark, oggi HRBP di una multinazionale nelle energie rinnovabili, che grazie anche al contributo del nostro CEO Filippo Ughi è riuscita a digitalizzare un orfanotrofio Streetwise del Malawi.

Ecco la su intervista e la sua fantastica esperienza.

Chi sei e di cosa ti occupi?

Sono Giulia, ho 35 anni e sono HRBP di una multinazionale nelle energie rinnovabili.

Come è nato il desiderio del tuo viaggio in Africa e come hai iniziato?

Sentivo il desiderio di fare qualcosa di concreto per il prossimo da troppo tempo e così, circa un anno fa, ho colto l’occasione di seguire un conoscente che aveva contatti in Malawi. Ho messo la mia carriera in stand-by e mi sono lanciata in questa avventura senza pensarci troppo.

Sono arrivata a Dicembre 2020 senza sapere minimamente cosa mi sarebbe aspettato nei mesi successivi. Il mio era un viaggio di scoperta totale. Mi sono immersa in quel mondo con una rispettosa curiosità sulla cultura del posto. Ho conosciuto persone meravigliose che mi hanno introdotto ai veri problemi di quella terra: povertà, mancanza di istruzione e di possibilità, fame e malattie. Era davvero troppo per me, non sapevo da dove potevo iniziare per poter aiutare.

Mi sentivo inutile davanti a quello scenario.

Eppure, accompagnata dal sorriso e dalla gioia contagiosa della gente che ho conosciuto, ho capito che ogni problema, se spezzettato in piccole parti può essere risolto. Allora ho iniziato a pensare in cosa davvero potevo essere utile io lì. Da sola era impossibile, ma io provenivo dalla parte ricca del mondo, la parte fortunata.

Raccontaci della iniziativa con Philmark e come è nata?

Ho scritto due righe sui social, informato il mio network su quello che volevo fare e mi sono piovute addosso donazioni inaspettate. Non potevo credere alla generosità della gente che non vedevo e sentivo da tanto. Una di queste è stato Filippo Ughi, CEO di Philmark Group, e il suo team.

Philmark Group non è stata per me solo il mio ex posto di lavoro a Roma, è stato il posto dove sono cresciuta, mi sono formata, che mi ha permesso di credere in me e nelle mie capacità.

Philmark è il posto dove ci sono ancora dei cari amici, oltre che ottimi colleghi. Un posto del cuore, insomma.

Sono stata estremamente grata quando Filippo mi ha detto che ci sarebbero stati 7 laptops completi di tutto pronti per essere spediti all’orfanotrofio che stavo cercando di sostenere.

 

Come hai conosciuto Streetwise?

Streetwise è un orfanotrofio nato dall’idea di Bezel, ex ragazzo cresciuto in un orfanotrofio, per poter togliere più bambini possibili dalla condizione di povertà estrema che è quella degli orfani. Una situazione molto diffusa in Malawi, dove le nascite sono tantissime e la mortalità altrettanto. Ho conosciuto Bezel i primi giorni in Malawi e con lui si è instaurato un rapporto di fiducia e rispetto. Entrambi ci sosteniamo tuttora a distanza con pensieri di conforto, preghiere e consigli.

Come ti ha cambiato l’Africa?

Nessuno di noi può permettersi di risolvere una situazione di povertà radicata in Africa, ma ognuno di noi può dedicarsi all’altro contribuendo alla crescita e al supporto di persone che riteniamo meno fortunate di noi, solo perché senza i nostri agi. Dobbiamo cambiarla questa mentalità, una volta per tutte. Ognuno su questa terra può fare qualcosa di buono per l’altro: facciamolo tutti..il mondo ha bisogno di una rivoluzione d’amore!

Ecco in cosa mi ha cambiato l’Africa: donare il mio tempo a loro mi ha arricchito profondamente e non potrò mai contraccambiare per lo sviluppo personale che ho ricevuto.

Mi manca tutto di quei posti, ma so che parte del mio cuore è ancora lì e appena possibile tornerò carica di amore.

Vi lasciamo con questo video girato nell’orfanotrofio che racchiude in meno di 30 secondi il cosiddetto “mal d’africa”.

…Grazie Giulia!

 

 

Philmark Group:

Condividi su:

Condividi su facebook
Condividi su google
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Condividi su whatsapp